Ascoli Piceno e San Francesco
Nel tempo in cui, come si è detto, predicò agli uccelli, il venerabile padre Francesco, percorrendo città e villaggi per spargere ovunque la semente della benedizione, arrivò anche ad Ascoli Piceno. In questa città annunciò la parola di Dio con tanto fervore, che tutti, pieni di devozione, per grazia del Signore, accorrevano a lui, desiderosi di vederlo e ascoltarlo. La ressa della folla era straordinaria e ben trenta, tra chierici e laici, si fecero suoi discepoli, ricevendo dalle sue stesse mani l’abito religioso. Uomini e donne lo veneravano con tanta fede, che chiunque poteva toccargli la veste si considerava sommamente fortunato (1Cel 22, FF 430).
Punti salienti:
Piazza Arringo
Duomo, il Battistero, il Museo Archeologico Statale e la Pinacoteca Civica
Piazza del Popolo
Chiesa di San Francesco
Chiostro di San Francesco
Il Chiostro Maggiore di San Francesco / Piazza della verdura, il Teatro Ventidio Basso e le Botteghe e Osterie Francescane
Convento dell’Annunziata
Capitolium della Ausculum romana, Convento dei frati minori Cappuccini con annesso Santuario di San Serafino da Montegranaro e l’Eremo di San Lorenzo
Itinerario Città di Ascoli Piceno e San Francesco
Dettagli itinerario
Il nostro viaggio inizia da Ascoli Piceno , la splendida città di travertino che nel 1215 vede San Francesco radunare una grande folla di fedeli appassionati, come riporta lo storico Giuseppe Marinelli, proprio nella piazza d’ingresso facendo 30 discepoli: Piazza Arrigo.
In Piazza Arringo si affacciano importanti monumenti della città, il Duomo, il Battistero, il Museo Archeologico Statale e la Pinacoteca Civica con al suo interno un’opera di Tiziano “San Francesco riceve le stigmate” (1488-90). Eseguita dal grande artista per la cappella Guidoni della Chiesa di S. Francesco, la tela è un capolavoro della tarda maturità del maestro che presenta due particolarità rispetto all’iconografia tradizionale: la figura di Cristo Risorto in cielo (in quella tradizione è raffigurato Gesù crocifisso con il cherubino) e la figura di Frate Leo, rappresentata con un libro in mano rispetto alla classica posa della visione miracolosa.
Il percorso, fare a piedi o in bicicletta, dei luoghi visitati da San Francesco, secondo la tradizione, ci porta a Piazza del Popolo, vero salotto bene della città, sul cui fondale possiamo ammirare la Chiesa di San Francesco.
La chiesa nasce per ricordare la visita di San Francesco d’Assisi ad Ascoli Piceno nell’anno 1215 e del santo ne conserva il nome. Sarà il Papa stesso a inviare nel 1258 la prima pietra da lui benedetta, ma, per sopravvenute difficoltà e contrasti, la costruzione potrà iniziare solo nel 1262.
Il progetto dell’architetto ascolano Antonio Vipera rispetta la sobrietà e gli stilemi voluti dai Frati Minori, che da allora sono stati sempre presenti in Ascoli e si sono succeduti trasmettendo il messaggio ricevuto dal Poverello di Assisi.
Dopo il 1300, alla ripresa dei lavori, interrotti a cinque metri dalla base delle fondazioni, fu sviluppato un nuovo progetto in stile gotico, tipico del periodo di transizione. Autore molto probabile del progetto sarebbe Fra Bevignate, religioso dell’Ordine dei Silvestrini, il quale, oltre a molte altre notevoli opere, sembra che abbia lavorato nella chiesa di San Francesco in Gubbio.
Furono pertanto elevati i muri perimetrali sopra le suddette fondazioni romaniche con blocchi di travertino e i dieci pilastri ottagonali. L’ampia copertura dei tetti delle tre navate fu impostata su massicce travi a capriate.
Prolungati i lavori, con qualche interruzione, finalmente il 24 giugno 1372, il tempio, incompiuto, fu consacrato dal Vescovo diocesano Giovanni Acquaviva con la presenza dei Vescovi di Camerino, Fermo e Numana e dedicato a San Giovanni Battista. In detta occasione e per la traslazione del corpo del Beato Corrado Miliani (1234-1289), partecipò un gran numero di Frati Minori delle Marche e affollatissimo il popolo ascolano, che aveva contribuito generosamente all’erezione del suo “San Francesco”.
Si accede all’interno tramite una porta laterale attigua alla bellissima loggia dei mercanti, ma per ammirare il portale occorre uscire dalla piazza e prendere via del Trivio. La particolarità di questo autentico capolavoro sono le due serie di cinque colonne lisce ai lati del portale realizzati ad incavo affinché i fedeli, all’uscita della chiesa, vi passassero le chiavi di casa per sentire suonare le colonne, visto che si tratta di colonne musicali. Anche oggi, battendo con le nocche sulle colonne si otterranno dei veri effetti musicali.
Andando avanti sulla via arriviamo alla terza tappa del nostro itinerario: il Chiostro di San Francesco.
Il Chiostro Maggiore di San Francesco, popolarmente conosciuto anche come Piazza della verdura o Piazza delle erbe, si apre in un arioso spazio quadrangolare tra via del Trivio e via d’Ancaria, e dinanzi ad altro monumento della città: il teatro Ventidio Basso.
Il portico trecentesco è formato da venti arcate a tutto sesto e da colonne corinzie sostenute da plinti; al centro è collocato un bel pozzo gotico di forma ottagonale. L’inizio della sua costruzione risale al 1565 in seguito al lascito di un nobile ascolano e viene ultimato nel 1623. Una lapide ricorda due francescani illustri che si prepararono nel convento: Papa Niccolò IV e Papa Sisto V, entrambi ascolani.
Oggi il chiostro ha una doppia funzione: piazza delle erbe e del mercato al mattino, la sera diventa un luogo di animazione e ristoro, grazie all’attività delle Botteghe e osterie Francescane, che oltre al servizio di ristorazione tipica e vendita dei prodotti locali, offre un ampio programma di eventi culturali.
Il complesso monumentale della Chiesa di San Francesco è composto da due chiostri: accanto al Maggiore troverete, visibile da grate, quello Minore, che a causa della vendita, nel secondo dopoguerra, di questa parte del convento, è stato inglobato in una nuova struttura ed è attualmente privato. Anche il Chiostro Minore di San Francesco risale al XIII secolo e si eleva su due ordini:
– in basso è costituito da ventidue arcate a tutto sesto erette su colonnine ottagonali, che sorreggono, nel secondo piano, una elegante loggia di quarantadue archetti sorretti da colonne cilindriche del XIV-XVI sec. Al centro del giardino un pozzo, anche qui ottagonale, reca la scritta: “QUISTOPOZIO A FACTU FARE JOVANNE DE PELA”. Negli anni 1937-1939 il convento all’intorno è stato demolito per la costruzione dell’attuale palazzo dell’I.N.A.
L’itinerario dei luoghi ascolani legati alla figura di San Francesco continua con la visita ai conventi che ospitarono i frati Minori Osservanti e Cappuccini, dislocati in aree tranquille, appena fuori dal centro storico.
Risalendo il colle alle spalle del centro si trova il Convento dell’Annunziata.
Il complesso della Chiesa e dell’ex Convento dell’Annunziata sorge sul Capitolium della Ausculum romana, spazio riservato a importanti edifici religiosi oggi scomparsi. Alla metà del Duecento, le suore Agostiniane vi costruirono la prima chiesa della SS. Annunziata e il chiostro minore. Nella seconda metà del Quattrocento, il complesso passò ai frati Minori Osservanti, che realizzarono il nuovo complesso tra il 1485 e il 1505 in sostituzione dell’antica chiesetta, i cui resti si scorgono tuttora sulla destra del fabbricato. Il complesso restò in possesso dei frati Minori fino all’Unità d’Italia, quando l’Ordine fu soppresso.
Nel 1881 l’ex convento divenne sede di una scuola d’agricoltura e, nel 1926, fu adibito a
orfanotrofio. Restaurato dal Comune, nel 1998 è diventato sede della Facoltà di Architettura dell’Università di Camerino.
Il Convento si presenta preceduto da un portico a otto arcate, comprende due chiostri. Il minore, databile al XIV secolo, ha porticato su pilastri ottagonali, con sovrapposto loggiato; al centro, presenta un bel pozzo del Quattrocento. Il chiostro maggiore, attribuibile alla fine del XV secolo, è coevo all’attuale chiesa. Si consiglia di soffermarsi ad osservare l’affresco di Cola dell’Amatrice raffigurante L’ascesa al Calvario, mentre l’Annunciazione, opera di Carlo Crivelli, oggi è alla National Gallery di Londra.
Sul lato del Castellano salendo a Borgo Solestà si trova il Convento dei frati minori Cappuccini con annesso Santuario di San Serafino da Montegranaro.
Il complesso prende origine intorno al VIII secolo dalla prima chiesa di Santa Maria in Solestà che sorgeva accanto al monastero benedettino. Dopo aver ospitato vari Ordini religiosi, tra cui i Minori Osservanti, che qui impiantarono la prima stamperia cittadina, nel 1569 passò sotto la gestione dei Frati Cappuccini nel 1570. Nel 1590 vi giunse Serafino da Montegranaro, che nel convento trascorse buona parte della sua vita, sino alla morte avvenuta il 12 ottobre 1604.
L’edificio attuale ricostruito sopra la chiesa medievale, risale al 1771, successivamente alla canonizzazione del Santo Serafino. La facciata esterna è preceduta da un portico ad arcate, aggettante rispetto al corpo della chiesa, che presenta come unica decorazione la raffigurazione a bassorilievo in stucco, entro un ovale, del Santo titolare. L’ingresso alla chiesa è caratterizzato dal portale di impronta cinquecentesca, recante sull’architrave la seguente iscrizione: PER PARVA AQUIRUNTUR MAGNA “Attraverso le piccole cose si acquistano le grandi”. Nei pressi della zona absidale di sinistra resta il campanile come unico elemento superstite della chiesa medievale.
L’interno si presenta con un’unica navata su cui si aprono delle cappelle laterali, le cui pale d’altare sono opera della metà del XX secolo del pittore Oscar Marziali. Le decorazioni della volta e delle cappelle sono affrescate da artisti locali del XIX e XX secolo. Nell’altare maggiore spicca la pala centrale raffigurante l’Ascensione di Cristo (1918), ultima opera del Mussini, sulla quale egli lavorò fino agli ultimi giorni della sua vita. Ai lati sono le tavole raffiguranti il Beato Benedetto da Urbino e Bernardo da Offida, anch’esse del Mussini.
Dalla Relazione del 1650 si apprende che il convento aveva 29 celle, 3 infermerie, una cappella «per celebrare messa a’ gl’Infermi, un’altra stanza per fare l’hostie et la biblioteca per li libri»; vi risiedevano 20 religiosi, di cui 11 sacerdoti, 2 chierici e 7 laici. Con la soppressione del 1810 i frati abbandonarono il convento per ritornarvi nel 1815, dal 1820 al 1860 questo fu restaurato ed ampliato: il terzo piano sui lati sud e ovest veniva aggiunto negli anni 1878-1880. Nel Novecento sono stati eseguiti altri lavori di restauro e ristrutturazioni fino agli anni Novanta.
Per continuare a seguire le tracce del “poverello d’Assisi”, occorre uscire dalla città per inerpicarsi sui monti che gli fanno da fondale, alla scoperta di eremi e luoghi del silenzio, rifugio dei frati minori, discepoli dei 30 che seppero ascoltare il maestro e fecero propria la sua Regola.
Alle porte di Ascoli Piceno, nei pressi dello storico borgo di Casteltrosino, precisamente in località Graniti nella frazione di Rosara, si trova l’Eremo di San Giorgio. L’eremo di San Giorgio è un antico monastero costruito in posizione isolata sotto una rupe di travertino del Monte Rosara e immerso nel silenzio del bosco. L’eremo è ben visibile dal borgo di Castel Trosino, da cui ne è separato dalla valle del torrente Castellano.
Il suo abbandono avvenuto dalla seconda metà del XX secolo ha provocato il rapido deterioramento dell’edificio, con il crollo del campanile e del tetto della chiesa e con opere e capitelli perduti e rubati. A causa della difficile accessibilità, nel 2018 è stato dichiarato dal Comune di Ascoli Piceno collabente, viste le difficoltà di procedere ad un sopralluogo per un suo consolidamento e ristrutturazione.
Spostandoci verso il colle S. Marco potremo visitare l’Eremo dedicato a San Lorenzo.
L’Eremo di San Lorenzo, noto come Eremo di San Marco, si trova in località Piagge, sul colle San Marco, ben visibile da Piazza del Popolo, era a dipendenza del monastero di Sant’Angelo, le cui monache accetteranno nel 1239 la Regola passando poi nel 1246 sotto la piena cura dei frati minori.
Le prime documentazioni dell’eremo risalgono agli inizi del XIII secolo, quando vi si stabilì una comunità di monaci dell’Ordine cistercense. Questi religiosi, seguendo la loro regola e mossi da un ardente desiderio di solitudine, sceglievano i luoghi dove fissare dimora in ambienti difficilmente accessibili, lontani dai centri urbani, tra i boschi delle aspre alture, abitando in grotte naturali o in modesti fabbricati austeri ed essenziali. Al tempo era già pertinenza dei monaci cistercensi e abitato da una comunità di appartenenti alla congregazione benedettina di Bernardo di Chiaravalle. Il monastero si trovava sotto la protezione della chiesa ascolana e, nell’aprile dell’anno 1287, il vescovo Bongiovanni affidò ai religiosi nuove costituzioni da osservare. Papa Niccolò IV, il 3 settembre 1289, emanò una bolla pontificia con cui disponeva la concessione dell’indulgenza plenaria a chi si fosse recato penitente in visita all’eremo nel giorno della ricorrenza di San Marco.
L’eremo è stato costruito in blocchi di travertino, grossolanamente squadrati, legati tra loro da malta di calce, seguendo i canoni dello stile romanico. I monaci racchiusero la cavità della grotta con l’elevazione della cortina muraria, realizzandola direttamente sulla rupe e appoggiandola sulla sporgenza della parete rocciosa.
La facciata è costituita dall’accostamento di due corpi di fabbrica: il campanile, sulla sinistra, e la facciata scandita orizzontalmente da un doppio ordine di bifore. Le finestre, divise verticalmente da una colonnina centrale con capitello, si aprono in numero di 2 al piano superiore e 3 a quello inferiore. La terza finestra, di destra, del piano inferiore manca della colonnina ed è chiusa da una grata di ferro. L’interno è ripartito in due cavità sovrapposte: nell’ambiente sottostante, un tempo affrescato, si nota la copertura a botte del soffitto che si raccorda con il sovrastante piano di calpestio; nello spazio della grotta superiore, invece, trovano la loro collocazione 3 monumenti funebri della famiglia ascolana dei Tibaldeschi risalenti al XV sc. di cui rimane uno stemma.
All’eremo si accede, oggi, mediante una possente scalinata in pietra che, come un ponte, attraversa il profondo burrone.
Si consiglia di avere sempre con sé una buona scorta di acqua nella borraccia e in estate di portare un copricapo in grado di proteggere dal caldo e dal sole nel caso si decida di percorrere a piedi o in bici!
Consigliamo di indossare scarpe comode / adatte per le passeggiate più lunghe. Contattare ed eventualmente prenotare un ristorante se si desidera pranzare o nell'alternativa avere con se: acqua e pranzo a sacco.
Non dimenticate la mascherina e il gel igienizzante per le mani perché non sarà sempre possibile lavarsi le mani con acqua e sapone lungo il percorso.
I dati degli itinerari sono puramente indicativi!
L’itinerario può essere scaricato per utilizzarlo con i dispositivi GPS, le applicazioni GPS dei dispositivi Android, iOS, ecc., e per elaborarlo con i più diffusi software GIS.
Il percorso non è segnalato sul terreno!
Si declina ogni responsabilità relativamente ai percorsi proposti.
Alcuni tra i posti indicati nei nostri itinerari non sono aperti sempre al publico. Per questo, raccomandiamo di contattarci prima di qualsiasi iniziativa.
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